Violette Leduc
Nata il 7 aprile 1907 a Arras, Violette Leduc fu il
soggetto di quasi tutte le sue opere, un soggetto
lesbico svantaggiato e alla disperata ricerca di
riscatto e di amore. Figlia illegittima di madre povera
con la quale ebbe un difficile rapporto, profondamente
segnata da una infanzia infelice a causa del suo
sgradevole aspetto fisico, dei disagi della prima guerra
mondiale e della sua condizione sociale ed economica,
Violette incontrò sulla sua strada la passione nel
collegio di Duoai, con una compagna di classe, e poi con
una insegnante di musica che per questo venne
licenziata. Nel 1926 si trasferì a Parigi per
iscriversi al liceo Racine, ma dopo un esame di
maturità fallito rinunciò allo studio e riuscì a
trovare un posto di centralinista e segretaria presso
l’editore Plon, che in seguito divenne un impiego di
redattrice. La sua relazione con Denise Hertgès
(Hermine in La bastarda) durò sino al 1935.
Nel 1932 cominciò a scrivere racconti e articoli, incoraggiata dallo scrittore omosessuale Maurice Sachs, del quale si innamorò: uno dei suoi ricorrenti “amori impossibili” per uomini gay e donne che non la ricambiavano pienamente, fra cui Simone de Beauvoir e Jean Genet. Nel 1939 lo sconforto affettivo la spinse ad una scelta autolesionista: il matrimonio con Jacques Mercier, da cui si separò subito, divorziando dopo la seconda guerra mondiale. Durante la guerra si trasferì in Normandia, accumulando una piccola fortuna con il mercato nero, ma la perse a guerra finita e venne anche imprigionata per un breve periodo. L’incontro con Simone de Beauvoir nel 1945 fu determinante per le sue sorti di scrittrice: Simone lesse il manoscritto del suo primo romanzo, L’Asphyxie, e l’aiutò a pubblicarlo nel 1946. In L’Affamée del 1948 Violette raccontò la sua ossessiva e divorante passione per la grande filosofa e scrittrice esistenzialista, che pur non ricambiandola le offrì una solida stima per le sue capacità letterarie e una sincera amicizia (fino al 1964 la sostenne anche finanziariamente con un assegno mensile). Grazie a lei Violette continuò a pubblicare: Ravages (1955), La vieille fille et le mort (1958), Trésors à prendre (1960). Il successo arrivò con La bâtarde (1964).
La bastarda vinse il prestigioso premio Goncourt, diventando un bestseller, e consentì a Violette di comprare una casa a Faucon, nella regione di Vaucluse. Leduc, più libera di dedicarsi alla scrittura, pubblicò La femme au petit renard (1965), Thérèse et Isabelle (1966) e Le taxi (1971), proseguendo inoltre la sua autobiografia con La folie en tête (1970) e La chasse à l’amour (1973). Malata di un cancro al seno, dopo due operazioni Violette Leduc morì il 28 maggio 1972. La sua scrittura scandalosa ed estrema costituì un importante stimolo per le scrittrici lesbiche francesi delle generazioni successive, fra cui Françoise d’Eaubonne, Monique Wittig, Michèle Causse, Nina Bouraoui. La scrittrice lesbica canadese Jovette Marchessault le ha dedicato il dramma La terre est trop courte, Violette Leduc (1981).
Nel 1932 cominciò a scrivere racconti e articoli, incoraggiata dallo scrittore omosessuale Maurice Sachs, del quale si innamorò: uno dei suoi ricorrenti “amori impossibili” per uomini gay e donne che non la ricambiavano pienamente, fra cui Simone de Beauvoir e Jean Genet. Nel 1939 lo sconforto affettivo la spinse ad una scelta autolesionista: il matrimonio con Jacques Mercier, da cui si separò subito, divorziando dopo la seconda guerra mondiale. Durante la guerra si trasferì in Normandia, accumulando una piccola fortuna con il mercato nero, ma la perse a guerra finita e venne anche imprigionata per un breve periodo. L’incontro con Simone de Beauvoir nel 1945 fu determinante per le sue sorti di scrittrice: Simone lesse il manoscritto del suo primo romanzo, L’Asphyxie, e l’aiutò a pubblicarlo nel 1946. In L’Affamée del 1948 Violette raccontò la sua ossessiva e divorante passione per la grande filosofa e scrittrice esistenzialista, che pur non ricambiandola le offrì una solida stima per le sue capacità letterarie e una sincera amicizia (fino al 1964 la sostenne anche finanziariamente con un assegno mensile). Grazie a lei Violette continuò a pubblicare: Ravages (1955), La vieille fille et le mort (1958), Trésors à prendre (1960). Il successo arrivò con La bâtarde (1964).
La bastarda vinse il prestigioso premio Goncourt, diventando un bestseller, e consentì a Violette di comprare una casa a Faucon, nella regione di Vaucluse. Leduc, più libera di dedicarsi alla scrittura, pubblicò La femme au petit renard (1965), Thérèse et Isabelle (1966) e Le taxi (1971), proseguendo inoltre la sua autobiografia con La folie en tête (1970) e La chasse à l’amour (1973). Malata di un cancro al seno, dopo due operazioni Violette Leduc morì il 28 maggio 1972. La sua scrittura scandalosa ed estrema costituì un importante stimolo per le scrittrici lesbiche francesi delle generazioni successive, fra cui Françoise d’Eaubonne, Monique Wittig, Michèle Causse, Nina Bouraoui. La scrittrice lesbica canadese Jovette Marchessault le ha dedicato il dramma La terre est trop courte, Violette Leduc (1981).
• Rosanna Fiocchetto
Proiezione

Esther Hoffenberg

Esther Hoffenberg debutta alla regia nel 1980 con un lungometraggio documentario, Comme si c’était hier, codiretto insieme a Myriam Abramowicz. Nel 1989 crea la società di produzione e distribuzione Lapsus, con cui produce una sessantina di film documentari, fra grandi formati e collezioni come Design, con Arte- France e il Centre Pompidou e Artistes, con la Réunion des musées nationaux e France 5. Les deux vies d’Eva nel 2005 segna il suo ritorno alla regia.